San Marino. Nel centenario della morte, l’omaggio a Giacomo Matteotti con la conferenza dell’Ambasciata d’Italia … di Angela Venturini

Se non si può aggiungere nulla a quanto è già stato scritto sul delitto Matteotti, molto si può dire invece sul ruolo che ebbe nella politica del tempo e sul suo lato umano, che in pochi conoscono. Questo l’obiettivo della conferenza pubblica organizzata dall’Ambasciata d’Italia in collaborazione con BSM, venerdì 25 ottobre a Villa Manzoni. Titolo: “Giacomo Matteotti. La Passione per la Libertà e la Giustizia Sociale”. Ospiti e relatori di assoluto prestigio a cominciare dall’Ambasciatore Fabrizio Colaceci, il Segretario di Stato agli Interni Andrea Belluzzi, il professore Renato di Nubila, il capogruppo PSD in Consiglio Matteo Rossi, il Sindaco di Fratta Polesine Giuseppe Tasso, il Presidente della Fondazione Matteotti – Roma Alberto Aghemo (che è intervenuto da remoto), e il professor Gianpaolo Romanato, autore del libro “Giacomo Matteotti, un italiano diverso” – Bompiani. 

Un libro prezioso e molto documentato che, a differenza dell’immensa produzione letteraria sul delitto, è tutto dedicato alla storia della sua vita, all’impegno culturale e politico, al suo senso di giustizia sociale, ai valori che ha lasciato pur essendo morto assai giovane e che sono stati poi ripresi dalla Costituzione italiana, al suo fiuto europeista e quello che sarebbe divenuto il dramma fascista. Il fascismo provò ad annullarlo, ma non ci riuscì perché dopo circa vent’anni di silenzio, i valori universali espressi da Matteotti esplosero in tutta la loro forza. 

L’autore del libro, Gianpaolo Romanato, ne racconta la vita prendendo lo mosse dal folto epistolario tra Giacomo e l’amata moglie Velia, una testimonianza finora ingiustamente trascurata ma di enorme valore storico. Una corrispondenza fittissima che si estende dal 1912 al 1924, anno della morte di lui. Matteotti apparteneva a una famiglia molto ricca del Polesine, ovvero una delle province italiane più povere, diseredate e dimenticate. Una terra in cui si moriva di fame, flagellata dalle alluvioni del Po e dell’Adige, tormentata dalla pellagra e da un’emigrazione catastrofica, dall’analfabetismo e dalla tubercolosi. Anche Matteotti si ammalò di TBC e per questo fu riformato, cioè non fu arruolato per la I Guerra Mondiale, e anche perché era rimasto l’unico figlio di madre vedova in quanto i suoi sei fratelli erano tutti morti.

Giovanissimo, divenne subito piuttosto noto per le sue idee socialiste e per un impegno che gli aveva portato (del tutto casualmente) la nomina nel Consiglio comunale di Rovigo e in molti altri, cioè dovunque possedesse case e terre. Infatti, il criterio vigente era che contavi se eri ricco, se no non contavi nulla. È da questo momento che lui comincia a lavorare a favore della “redenzione della plebe agricola”, convinto che per far rinascere l’Italia bisognava “tirar su le classi rurali dal servilismo”. 

A causa di queste idee e per il fatto che era uno strenuo “non interventista” e pacifista convinto, non fu mandato al fronte, ma al confino in Sicilia, dove però coltivò i suoi studi in giurisprudenza (era un giurista raffinatissimo) e pubblicò numerosi libri. Ma quando tornò dal confino, in poco tempo divenne il leader dei reietti e per questo fu bollato dalla classe dei ricchi come “traditore di classe”. Non ebbe vita facile, ciò nonostante fu eletto in Parlamento alle elezioni del 1921 e riconfermato a quelle del 6 aprile 1924. Era assiduo, indefesso, informato su tutto e incrollabile riformista, detestato dai comunisti ma ancor di più dai fascisti, di cui aveva intuito il pericolo. Si sa per certo che fu a San Marino nell’aprile del 1921, le ragioni sono ancora oggetto di studio del ricercatori.

Matteotti fu un uomo duro, intransigente, mai disponibile al compromesso, un politico spesso settario che non faceva sconti a nessuno, neppure a se stesso, che suscitava scarse simpatie anche nel suo partito, probabilmente amato soltanto dai poveri contadini polesani dei quali aveva sposato la causa. Il mito che nacque già all’indomani del suo assassinio nel maggio del 1924, non deve trarre in inganno: in vita Matteotti fu un uomo profondamente divisivo.

La prima biografia del deputato socialista ricostruita, con questo libro grazie all’epistolario familiare, ne tratteggia l’immagine completa di un “maestro di libertà” non a caso scelto dall’Ambasciata come primo personaggio di una serie di “maestri” che saranno illustrati in un apposito ciclo di incontri. Il prossimo, già in calendario per il 6 dicembre. 

Angela Venturini