I dati sulla denatalità sono, non differentemente da altre parti del mondo, impietosi ed è pur vero che ci sono anche persone che non desiderano avere dei figli. Ne abbiamo parlato in una intervista “doppia” con Simona Mazza e Marco Santolini, rispettivamente Segretario della Federazione PI e Segretario della Federazione Servizi e Commercio di USL.
Segretario Mazza, viviamo in una società che all’improvviso ha smesso di voler avere figli?
“Da donna e mamma che lavora dico che è assolutamente falso affermare che la gran parte delle persone non desidera più diventare genitore. Tolta una piccola parte di popolazione che effettivamente non cerca figli, ci sono tantissime persone che invece li vogliono: lo testimonia il fatto che sempre più donne hanno figli desideratissimi dopo i 40 anni. Il che comporta un impegno, se è possibile, ancora maggiore, andando incontro ad un’età dove le forze anziché aumentare, purtroppo diminuiscono. Prima non è evidentemente facile costruire il ‘nido’ dove accogliere responsabilmente una nuova vita. Colpa delle difficoltà se non impossibilità che troppi giovani oggi hanno a pagarsi un affitto dato che, anche se occupati, spesso, non guadagnano un reddito sufficiente e sufficientemente sicuro. Per non parlare del costo troppo oneroso per accendere un mutuo molte volte insostenibile così come è strutturato e visti i tassi, considerati anche i prezzi delle case. Oltre a ciò, chi mette al mondo dei figli deve anche fronteggiare la mancanza di servizi, da noi leggermente meno accentuata che altrove ma insufficienti, che è cruciale per chi ha necessità o semplicemente il desiderio di fare coesistere la maternità con una occupazione. C’è poi da tener conto del fatto che non sempre l’orologio biologico aspetta e che il più delle volte quando si indugia troppo, per motivi economici poi i figli non vengono più”.
Segretario Santolini, c’è anche chi sostiene che un tempo si era più poveri e si facevano più figli.
“Questo è relativamente vero nel senso che di sicuro si comperava meno ma esistevano le famiglie allargate dove ci si dava una mano gli uni con gli altri e il mangiare non era un grosso problema perché un po’ tutti avevano un pezzo di terra dalla quale ricavare almeno il cibo. Il mondo, la società, le esigenze e la vita erano nettamente diversi. Oggi sono tantissime le persone che dicono di non arrivare a fine mese per aver comperato prevalentemente cibo al supermercato. Per non parlare di chi un figlio lo cresce da solo e allora il rischio povertà, pur lavorando, è dietro l’angolo”.
Segretario Mazza, se ne deduce che fare un figlio è un lusso che in pochi si possono permettere.
“E’ esattamente così anche se dovrebbe essere il contrario. Con il tempo poi è venuto a mancare il tessuto sociale che accoglieva i bambini. Oggi si nota una certa incapacità di fare rete e così chi ha figli cerca di arrangiarsi come può, non potendo di fatto contare sull’aiuto di quasi nessuno”.
Santolini, esistono tuttavia tutta una serie di sostegni e nel 2022 sono stati fatti ancora passi avanti in questo senso. I diritti si sono realmente evoluti?
“Le mamme che lavorano possono rimanere con il proprio bambino per pochi mesi contando su una retribuzione piena ma successivamente vedono diminuire l’indennità riconosciuta e parimenti il conteggio ai fini pensionistici e dunque a meno di non avere risorse proprie, occorre tornare al lavoro e separarsi dal figlio sin dai primi anni di vita, i più delicati e quelli in cui avrebbe maggior bisogno di vicinanza con la madre. Inoltre, i sussidi paradossalmente li ricevono le lavoratrici ma non chi un lavoro non ce l’ha, per cui al netto di chi sta bene di famiglia, c’è una diseguaglianza che deve essere assolutamente colmata. Guardiamo tanto all’Europa ma forse non abbastanza perché dal punto di vista dei diritti ci sono Paesi che possono insegnarci qualcosa, Paesi dove le mamme possono decidere di restare a casa per i primi anni di vita dei loro figli senza che la propria retribuzione sia minimamente decurtata. A San Marino la lavoratrice in congedo parentale percepisce il 100% della retribuzione soltanto per 150 giorni dopo di che ne percepisce appena il 40% fino al primo anno di vita del bambino. Non c’è nella mentalità collettiva l’idea che chi cresce un figlio lavori per l’intera comunità per cui tutto ciò che facciamo rischia di essere una goccia nel mare e di non far cambiare lo scenario generale.
In più noi qui contrariamente all’Italia eroghiamo gli assegni famigliari solo a chi lavora, peraltro con importi minimi, e ci siamo dotati di una legge, la n. 129 del 2022 che pur facendo passi avanti, non risolve i problemi di chi fa fatica a conciliare vita lavorativa e gestione familiare. Per esempio, ci sono tutta una serie di permessi da poter prendere quando i figli stanno male o per i colloqui scolastici ma purtroppo non sono retribuiti per cui le persone preferiscono usare le ferie disponibili. È pertanto evidente che abbiamo bisogno di norme che diano veramente una svolta”.
Quale può essere allora la soluzione secondo lei, Mazza?
“Di sicuro soluzioni facili non ce ne sono, ma come si diceva poc’anzi, se ritornassimo a pensare, come del resto accadeva in un recente passato, che i bambini sono tutti figli nostri, allora anziché sentirci derubati, come spesso accade per questo o quel sussidio, potremmo lavorare in un’ottica di evoluzione dei diritti dei neogenitori. Altrimenti se si vuole continuare a sostenere che il welfare c’è e funziona, i servizi sono i migliori possibili, le famiglie sono ricche e stanno bene, sarà sempre colpa di chi non vuole fare figli e il Paese si ritroverà inevitabilmente senza un futuro e senza nuove generazioni”.
David Oddone
(La Serenissima)