Vibe, nel nuovo linguaggio social, vuol dire vibrazione, ma anche emozione, atmosfera, cioè un nuovo modo di raccontare le cose. Ecco dunque il significato di eurovibes: emozioni europee, il titolo scelto per un incontro pubblico organizzato da G.PSD. È questa la sigla modernizzata e rivalorizzata del gruppo giovanile del partito, che è tornato a far sentire la sua voce con l’entusiasmo tipico dei ragazzi e un lungo carnet di cose da fare a sostegno del partito. Poi ci hanno messo vicino stelle e stelline, il claim scelto per la campagna di adesione e per il prossimo congresso generale. Un messaggio subliminale (ma non troppo) che rimanda all’Europa, la più grande sfida ma anche la più grande occasione di San Marino per il salto nel suo futuro prossimo.
“Siamo una voce progressista e attiva – dice Alice Casadei Menghi, prossimo segretario G.PSD – vogliamo creare una piattaforma per i giovani che hanno voglia di impegnarsi, dove parleremo di economia, educazione, lavoro, transizione green e ovviamente di Europa.”
L’esperto ce l’hanno in casa, il segretario generale Gerardo Giovagnoli che, per fare capire anche ai profani quanto l’Europa sia già presente nel nostro sistema e quanto la sua interpretazione multipla possa di fatto assecondare le più diverse aspettative, comincia con la storia della nascita della UE, perché solo conoscendola, si possono capire molte cose.
Siamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’intero continente è un cumulo di macerie. Bisogna ricostruire. Ma è anche il momento in cui il mondo si divide in due blocchi: da una parte l’America e i suoi alleati, dall’altra la Russia con i suoi. La stessa Europa è divisa in due parti. L’idea di trovare una strada per l’integrazione, senza che gli Stati nazionali perdano il loro potere, sembra piuttosto un’utopia. Il primo progetto di cooperazione, quindi, non si fonda sulla politica ma sull’economia, cioè su accordi che evitino la possibilità di fare guerre gli uni contro gli altri, come era sempre successo da oltre due millenni. Prima nasce l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), poi la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio): sono i primi mattoni su cui pian piano si alza un’architettura istituzionale complessa, che avrà un proprio ordinamento giuridico, un parlamento e una commissione, che è il suo organo esecutivo, dove uno vale uno, cioè ogni Stato grande o piccolo ha un suo rappresentante. Tassello dopo tassello, è venuta a configurarsi una sorta di confederazione politica ed economica a carattere sovrannazionale, che tiene insieme 450 milioni di abitanti su un’area di 4 milioni di chilometri quadrati. Al suo interno ci sono 27 membri effettivi, 3 Stati con accordo di associazione, altri con domanda di adesione in corso, il mondo intero che intreccia affari. Tutto senza rivoluzioni e senza guerre.
Uno dei segreti del successo della UE è la diversità del livello di integrazione e la possibilità per gli Stati di mantenere alcune prerogative statuali. Come accade per esempio per la fiscalità: in Europa ci sono Paesi che possono essere considerati paradisi fiscali, come il Lussemburgo, e Paesi come Italia e Germania che hanno una fiscalità altissima. Le disfunzionalità di cui spesso accusiamo l’Europa non dipendono dalla UE, ma proprio dagli Stati nazionali che possono decidere autonomamente su molti settori.
Giovagnoli spiega che anche per San Marino, l’UE non è una novità. Ci sono accordi di cooperazione da quasi 40 anni; dal 2000 è in vigore l’accordo monetario per l’adozione dell’euro. Quando nel gennaio 2006 si rifiutò di firmare l’accordo economico finanziario con l’Italia (che era in Europa e quindi, per estensione, anche San Marino avrebbe adottato regole europee) successo un cataclisma. In pochi anni San Marino perse oltre il 50% delle banche e il 60% della raccolta bancaria. Da allora, ha fatto un lungo percorso di integrazione, con una fitta produzione legislativa in prospettiva europea.
“Basta fare un passo fuori confine e siamo in Europa – rimarca – ma siamo ancora discriminati”. Per questo, l’accordo di associazione non può fare che bene, in quanto San Marino avrà pieno riconoscimento e pieno titolo ad operare nella regione europea come tutti gli altri Stati. Spiega in maniera sintetica il contenuto dei 25 articoli e delle 4 mila pagine di allegati, puntando semplicemente sul significato e sui rispettivi obiettivi: il reciproco riconoscimento di tutti i titoli (non solo quelli scolastici) parità retributiva e di trattamento per uomini e donne, possibilità di finanziamento per progetti specifici, cooperazione parlamentare. “Avremo una voce per fare rispettare le nostre peculiarità, senza perdere la nostra sovranità.”
Da un certo punto di vista, bisogna dargli ragione: quando San Marino ha visto i suoi confini bloccati dalle forze armate italiane, era davvero indipendente?
Angela Venturini