Secondo un’indagine del Nursind la crisi delle professioni sanitarie esplode tra chi, nelle corsie degli ospedali, vive e lavora ogni giorno.
“Prendersi cura di chi cura è necessario. I sanitari possono e devono proteggere la propria salute emotiva”
La dott.ssa Katuscia Giordano, psicologa esperta in Comunicazione e Gestione delle Crisi, ha fondato e coordinato il servizio psicosociale della Croce Rossa di Rimini e ha fatto parte del gruppo di lavoro “Psicologia dell’Emergenza e COVID” dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna
“Imparare a gestire lo stress è una competenza fondamentale per chi lavora in sanità. Piccoli rituali come concedersi una pausa tra un intervento e l’altro e tecniche di regolazione emotiva come la respirazione profonda o il grounding, possono contribuire significativamente a ridurre l’accumulo di tensione”. Sono queste alcune delle strategie che possono aiutare infermieri e personale sanitario a gestire situazioni di crisi in corsia. L’esperta Katuscia Giordano, psicologa nella gestione delle crisi, interviene sul recente tema del calo di professionisti, soprattutto infermieri, in cliniche e nosocomi.
“È importante partecipare a programmi di assistenza psicologica o gruppi di supporto. Sono una risorsa preziosa per chi si confronta ogni giorno con situazioni emotivamente intense. Parlando con un professionista o con i propri colleghi, il personale sanitario può trovare un modo per normalizzare e comprendere meglio il proprio vissuto emotivo, acquisendo strumenti di gestione dello stress adatti alla propria specifica realtà”.
Secondo la dottoressa Giordano un sistema efficiente può essere il buddy system: una modalità in cui due colleghi si affiancano per prendersi cura del benessere e della sicurezza reciproca. “Questi gesti rafforzano il senso di appartenenza e aiutano a prevenire il burnout, aumentando la qualità del lavoro e del supporto che ogni sanitario può offrire a chi lo circonda. Condividere le esperienze e confrontarsi sulle difficoltà quotidiane aiuta a creare un clima di comprensione e solidarietà”.
Ma le sfide non finiscono qui. Il contesto lavorativo dei sanitari è spesso caratterizzato da turni intensi, carenza di personale, precarietà organizzativa e rischi di aggressioni. Quando il lavoro è privo di stabilità e di adeguate opportunità di formazione e crescita, anche la soddisfazione professionale può risentirne, portando a demotivazione e fatica. A ciò si aggiunge un altro fattore psicologico: la compassion fatigue, ovvero la “fatica da compassione.” Questo tipo di fatica causata dal contatto prolungato con la sofferenza altrui, può portare gradualmente a un distacco emotivo e a un esaurimento delle risorse psicofisiche necessarie per svolgere al meglio il proprio lavoro.
Un ambiente intenso e spesso imprevedibile è quello che vive quotidianamente chi lavora in sanità. Pronto soccorso, ambulanza, elisoccorso, sala operatoria e rianimazione sono solo alcuni dei contesti dove ogni attimo può diventare decisivo, e dove anche i professionisti più esperti possono trovarsi a dover gestire le emozioni in modo rapido ed efficace. “Medici, infermieri, operatori e tecnici di laboratorio affrontano costantemente sfide complesse, nelle quali il confine tra normalità ed emergenza è sottile e spesso si sovrappone _ conclude la dottoressa _ Prendersi cura del proprio benessere psicologico non è solo un atto di auto-compassione, ma un vero e proprio investimento sulla qualità del proprio lavoro. Avere una mente equilibrata e in salute permette ai professionisti sanitari di essere presenti per i pazienti e i colleghi, mantenendo quell’energia e quella passione indispensabili per svolgere al meglio il proprio ruolo”.
Rita Celli
Ufficio Stampa dott.ssa Katuscia Giordano