I fatti ormai sono noti … di Gianni Toffali

I fatti ormai sono noti: domenica mattina 20 ottobre, dopo una nottata di atti vandalici, il ventiseienne Moussa Diarra ha aggredito dei poliziotti con un coltello alla stazione di Verona. Uno degli agenti ha aperto il fuoco e il migrante è deceduto all’istante. La Procura di Verona ha iscritto nel registro degli indagati l’agente della Polfer. A cadavere caldo, istituzioni, associazioni, movimenti e singoli cittadini, hanno dato il la, al doppio processo di beatificazione, religioso e laico. L’onda lunga del buonismo ha avvolto la città di Verona con veglie di preghiere, presidi e cortei. Il buonista è convinto che per evitare di castigare il fratello che sbaglia, è cogente, a prescindere dall’entità della colpa, mantenere un atteggiamento misericordioso. Paradossalmente, il buonismo, che giova ricordare, non è cristiano, è il maggior nemico del bene. Manifestare bontà a tutti i costi, omettendo punizione e pena, significa, di conseguenza, incentivare il reo a diventare malvagio e ingiusto. Un po’ come i bambini piccoli che se non redarguiti, approfittano senza remore. La teologia cattolica invece, presenta una differenza fondamentale tra perdono e pena. Il perdono non esclude la pena, anzi. È vero che il Sacramento della Riconciliazione assolve il peccatore, ma è altrettanto certo che non toglie la pena. Pena che dovrà essere scontata in questa vita o, qualora non bastasse, nei luoghi deputati indicati dalla Tradizione. Che poi la Chiesa odierna, alle pene eterne o temporanee, abbia privilegiato l’illusoria Misericordina di papa Francesco, è discorso a parte.  Sciaguratamente il Dio misericordioso degli indulti e delle remissioni, è neve al sole destinata a dissolversi un secondo dopo il grande salto. Le scaturigini del cosiddetto buonismo, in realtà un compiaciuto sorrisino al malvivente, sono eruttate dal confuso brodo primordiale dell’illuminismo ateo. Il contorto filosofo francese Jean Jacques Rousseau sosteneva che l’uomo nasce buono e che ciò che lo rende cattivo sarebbero le condizioni sociali e le circostanze della vita. Pertanto, la genesi della cattiveria umana non sarebbe da cercare nel profondo dell’animo, quanto in ciò che è fuori di lui: frequentazioni, società, ambiente, educazione, economia e modelli educativi. A sfatare tale aberrante concetto, ci pensò la Vergine Maria. Nel 1958 a Lourdes, la Madre di Dio apparve a dei pastorelli per ricordare che, tranne Lei, ogni uomo nasce con il peccato originale, unica a vera fonte del Male che alligna nel profondo degli esseri umani.

Gianni Toffali