Non smetterò mai di martellare: i bambini sono le prime e più fragili vittime delle guerre. In ogni angolo del globo in cui esse divampano, le immagini di volti giovani strappati alla loro ingenuità e purezza ci ricordano costantemente l’assurdità della violenza. Gli scenari più recenti di devastazione ci portano anche in Libano e in Camerun, due Paesi segnati da conflitti che, come sempre, colpiscono in maniera sproporzionata chi non ha armi per difendersi. In Libano, in appena tre settimane, oltre 400.000 piccole anime sono state costrette a lasciare le loro case. Non c’è più sicurezza, né rifugi: persino le tende sotto cui trovano riparo vengono bombardate, come dimostrato dai recenti attacchi a Deir-al-Balah. La guerra non ha solo sfollato questi innocenti, ma ha anche tolto loro il diritto a un’infanzia serena, gettandoli in un incubo fatto di macerie e morte. L’Unicef avverte che stiamo rischiando di perdere un’intera generazione, una generazione cresciuta nell’ombra degli stenti. Bambini che non solo vedono distrutta la propria casa, ma anche le loro speranze di un futuro. Le conseguenze della insensata follia non si fermeranno al termine del conflitto, ma si protrarranno per anni, forse decenni, nella psiche e nelle vite di chi, troppo piccolo per comprendere, è stato catapultato nell’orrore.
Ma se guardiamo al Camerun, la situazione non appare meno tragica. Nel conflitto anglofono che infuria dal 2016, la popolazione civile, compresi molti bimbi, è intrappolata tra due fuochi. La povera gente è stretta in un abbraccio mortale tra le forze governative e i separatisti, entrambi impegnati in uno scontro senza fine che si alimenta di economie illecite ed estorsioni. Il loro destino è una costante fuga, costellata di paura, fame e sofferenza. La regione del Nord-Ovest, una delle più pericolose per i civili, si è trasformata in un terreno di caccia dove i bambini non sono che danni collaterali. Anche qui, come in Libano, i più giovani pagano il prezzo più alto per decisioni politiche e militari che sfuggono completamente al loro controllo.
Ma non ci sono solo le armi. In una tragedia nella tragedia, in Nigeria, Mali, Niger e Repubblica Democratica del Congo, le catastrofiche inondazioni hanno travolto case e raccolti, così come le speranze di milioni di incolpevoli. Secondo Save the Children, oltre dieci milioni di studenti sono stati privati del loro diritto all’educazione, un’eredità amara che – anche in questo caso – rischia di segnare un’intera generazione. Scuole trasformate in rifugi, infrastrutture danneggiate e la paura di tornare sui banchi: un cocktail letale che minaccia di ampliare il divario educativo già esistente in regioni segnate da conflitti e povertà.
E così, nel corso degli anni, una giovane vita dopo l’altra viene sacrificata sull’altare della brutalità, derubata del diritto di vivere una esistenza normale.
La guerra colpisce tutti certo, ma lo fa in modo particolarmente feroce contro coloro che non hanno voce. Gli innocenti e vulnerabili sono i martiri di decisioni prese spesso lontano dal campo di battaglia, da chi non distingue tra un soldato e la forza della speranza, che risiede nel cuore di ogni fanciullo.
David Oddone
(La Serenissima)