La storia dell’“Uomo che loda”, ormai celebre figura delle strade giapponesi, apre uno spiraglio sulle fragilità umane e, allo stesso tempo, lancia un interrogativo universale: quanto abbiamo bisogno di essere riconosciuti e apprezzati? E perché, nel mondo odierno, tale bisogno sembra sempre più insoddisfatto? La figura di quest’uomo che, dietro compenso, elargisce complimenti sperticati è diventata il simbolo di un disagio latente, tanto in Giappone quanto altrove. Non è solo un caso di costume, ma un riflesso di una società sempre più disconnessa emotivamente, dove la solitudine e la mancanza di riconoscimento personale si fanno strada in silenzio. In un’epoca di iperconnessione digitale, in cui siamo bombardati da like e reazioni sui social media, è paradossale osservare come il valore del complimento genuino, della lode sincera, si sia talmente diluito da diventare merce rara, al punto che qualcuno possa decidere di pagare per riceverlo. Il fenomeno, che può sembrare assurdo a una prima lettura, rivela una verità profonda: nelle relazioni quotidiane, che siano familiari, professionali o amicali, il riconoscimento del valore dell’altro viene sempre più spesso dato per scontato.
Quante volte, infatti, diamo per certo che chi ci circonda conosca il nostro apprezzamento, senza mai esprimerlo a parole? E quante altre, presi dalle urgenze del quotidiano, non ci rendiamo conto che una parola di stima o di gratitudine potrebbe fare la differenza nella giornata di una persona? La realtà è che, proprio nelle società più evolute e benestanti, il senso di isolamento cresce. Non a caso, i Paesi con i più alti indici di sviluppo economico e tecnologico mostrano un parallelo aumento di problemi legati alla salute mentale e all’isolamento sociale. Il Giappone è da tempo indicato come uno degli esempi più emblematici di questa dicotomia: un luogo modernissimo e prospero che, tuttavia, soffre di alti tassi di depressione e alienazione, fenomeni come l’hikikomori e la solitudine tra gli anziani.
Ma non dobbiamo guardare troppo lontano per trovare situazioni simili. Anche in Italia, o nella stessa Repubblica di San Marino, assistiamo a dinamiche che riflettono tali tendenze. La necessità del riconoscimento, del sentirsi apprezzati e visti, è universale. Le tecnologie digitali hanno promesso di accorciare le distanze tra le persone, ma spesso le hanno allargate a livello emotivo. La pressione di essere costantemente performanti, di mostrare un’immagine di successo sui social, ha sostituito il dialogo autentico e lo scambio sincero. Persone che, in superficie, sembrano connesse e integrate si trovano, in realtà, a fare i conti con un crescente vuoto relazionale.
Ecco allora che in una collettività che ci spinge all’individualismo e alla competizione, riscoprire il valore della relazione, della comprensione e della semplice gentilezza è un atto rivoluzionario. È un invito a uscire dalla nostra bolla egoistica e a costruire un mondo più umano, dove il desiderio di essere visti e apprezzati non sia un lusso, ma la normalità. Perché, in fondo, siamo un po’ tutti alla ricerca dell’“l’Uomo che loda”.
David Oddone
(La Serenissima)